domenica 30 maggio 2021

Tisanina n°4



Nel 4212 la speranza di vita sulla Terra era di 189 anni per gli uomini e 215 per le donne. Si viveva molto a lungo e l'80% della popolazione terrestre aveva l'Alzheimer. Poi arrivò Aurora Catastrale, neuroscienziata di Ruvo di Puglia, la quale, con uno studio innovativo sulle neuropatie degenerative, fece luce su quello che viene considerato il segreto più oscuro del cosmo: le placche che compaiono sulle tac cerebrali dei malati di Alzheimer non sono altro che i buchi neri dell'universo. 

Aurora dimostrò il seguente fatto: nell'istante in cui si forma una placca nel cervello di un malato, nasce un buco nero in qualche universo. Vinse dei premi, pubblicò trattati, poi, a detta di alcuni, esagerò un po'. Si mise a sostenere teorie fantasiose che non poteva documentare. Ipotizzò che ogni cosa dimenticata nel corso della vita, come la voce della nonna, i nomi sulla punta della lingua, quant'è bello il crepuscolo a primavera, l'energia che si ha a vent'anni, i bisogni di chi sta peggio, la dignità in cambio di denaro, ognuna di queste cose finisse lì nei buchi neri. Era quasi certa poi che tutto fosse collegato, e che ogni falla del cervello portasse al medesimo luogo, accessibile da qualsiasi buco nero di qualsiasi universo, e stabilì quindi che le dimenticanze di una sola persona erano le dimenticanze di tutti e dovevano trovarsi lassù, da qualche parte, in un ufficio reclami ricordi smarriti.

Per queste sue congetture la presero per pazza. Le risero alle spalle e a volte in faccia, diventò lo zimbello della comunità scientifica. 

Un giorno d'autunno Aurora Catastrale andò in spiaggia e s'imbatté in un uomo che guardava il mare. "Ha proprio gli occhi malinconici di chi va in spiaggia in autunno a guardare la schiuma delle onde", pensò Aurora, ma si sbagliava, era solo uno che aveva l'Alzheimer. Se ne accorse quando ci parlò,  e  per buona educazione ci restò a parlare fino al tramonto. Parlarono del più e del meno, ma i risultati di quelle somme e sottrazioni vennero tutti sballati, frasi con le virgole a casaccio, parole che cadevano nella sabbia e non si ritrovavano.

Sarà stata la ruota brillante del sole, che come un pavone intimidiva il cielo con le sue lusinghe, o sarà stata la salsedine nel vento, o la vista che si scarmigliava fra i corpuscoli d'aria umida, o il suono ipnotico delle onde, fatto sta che Aurora Catastrale vide qualcosa negli occhi dell'uomo e si sentì strana, si fece piccola piccola, e ci volò dentro, ci cadde dentro, venne risucchiata da quelle pupille, ci si perse, ci si dimenticò.

Si svegliò in una navicella (che forse era l'occhio dell'uomo) e con la testa poggiata a un oblò (forse la pupilla dell'uomo) sorvolò una valle di oblio.

Un terreno morbido attutì la caduta. Aurora scese nel regno ipotizzato, dove stava tutto ciò che era sfumato. Rivide (con gran qualità di dettagli): le disequazioni di secondo grado, il numero di telefono della casa d'infanzia, i lavoretti dell'asilo, come si faceva a ridere per nulla, i codici d'onore fra amici di otto anni, le poesie del Belli, le scarpe col velcro, tante parole di tante canzoni...

Si guardò attorno, toccò tutto con le mani, e si accorse di essere ricca.


















4 commenti:

Piergiorgio Spinolo ha detto...

Stupendo. Mi identifico totalmente in Aurora. E anch’io cerco in rete vecchi ricordi d’infanzia: canzoni, film, persino spot di Carosello. E mi sento ricco quando trovo qualcosa.

Anonimo ha detto...

Grazie Ciro! È un racconto bellissimo.
Vorrei cadere negli occhi di mio padre e trovare le sue famose ricette oramai dimenticate.


Ciro Teleffe ha detto...

Fastidiosetta ha detto...

Nei buchi neri finiscono anche i minuti persi di quelli che arrivano sempre in anticipo agli appuntamenti?